Jeffrey Dahmer: il Mostro di Milwaukee

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Jeffrey Dahmer è un nome venuto tristemente alla ribalta negli anni ’90 per una serie di orribili omicidi a sfondo sessuale. Conosciuto come il cannibale di Milwaukee, questo giovane ragazzo dalla mente offuscata da grandi problemi psicologici e da un percorso familiare travagliato, dopo molti efferati omicidi, viene fermato dalla polizia di ronda per una pura casualità.

Il mostro di Milwaukee

Nel luglio del 1991 un uomo seminudo e drogato correva terrorizzato per le strade della città in cerca di aiuto e quando viene fermato dalla polizia racconta di essere stato rapito e torturato da un folle, all’interno di una casa non lontano da quel luogo. Quando la polizia si reca nell’appartamento di Dahmer, si apre loro uno scenario raccapricciante: corpi umani deturpati, organi genitali conservati come souvenir e teste immerse nell’alcool etilico sugli armadi. Finalmente viene scoperto l’autore di 17 omicidi che stavano sconvolgendo l’America già da molti anni.

Ma andiamo per ordine e tracciamo un percorso della sua vita che possa chiarire le ragioni della sua folle brutalità fino alla sua morte, altrettanto feroce.

Le origini del male: l’infanzia di Jeffrey Dahmer

Jeffrey Dahmer nasce nel Milwaukee nel 1960 da due genitori in continuo disaccordo: un padre alcolizzato e una madre continuamente in preda a crisi depressive.

Molti psichiatri hanno visto nella ferocia di Dahmer gli squilibri della madre che usava trascorrere i mesi in cui era incinta di Jeffrey a imbottirsi di psicofarmaci e medicinali per guarire da fantomatiche malattie da cui si sentiva affetta. Ma come è prevedibile, più prendeva medicinali e più stava male e più i medici le dicevano che era sana e molti disturbi dipendevano dalla gravidanza e più lei si ribellava a quel bambino che suo malgrado doveva nascere.

Probabilmente il senso di rifiuto che ha sempre avvertito partiva da questo primo punto di rottura, esasperato nel corso degli anni da altri episodi traumatici. A 8 anni, infatti, viene molestato sessualmente da un vicino di casa e qualche anno dopo affronta il divorzio dei suoi genitori. Dopo un lungo processo sull’affido dei figli, il piccolo Jeffrey subisce l’abbandono da parte di sua madre che va via di casa portando con se solo suo fratello minore, lasciandolo in un totale stato di abbandono.

Rimasto solo in casa, il piccolo inizia ad avvertire i primi segni di un disturbo psicotico che si acuirà negli anni, tanto che il papà racconta di averlo trovato qualche giorno dopo all’interno di un pentagono che lui stesso aveva disegnato a terra, in stato confusionale. Dahmer racconterà al padre che sentitosi solo a casa, voleva invocare i morti con un rito macabro, nel tentativo di fare una seduta spiritica.

All’età di 10 anni iniziò a fare numerosi “esperimenti” macabri con animali, decapitando roditori, sciogliendo ossa di pollo nell’acido, vivisezionando insetti e mettendo su dei pali teste di carogne di animali. A scuola era divertito quando gli altri bambini si facevano male giocando. Al liceo i risultati scolastici sono irregolari, si va dal mediocre all’ottimo, spesso nascondeva alcolici nelle tasche dei pantaloni ed era quasi sempre solo.

Così cresciuto, il giovane diventa adulto senza sentire amore da parte dei suoi genitori, quasi trascinando la sua vita verso una meta sconosciuta e insignificante. Fu proprio in questo periodo che medita il primo omicidio. Il primo di una lunga ed efferata serie.

dahmer - il cannibale di milwaukee
Jeffrey Dahmer a 17 anni
La ferocia di una mente disturbata: il primo omicidio del mostro di Milwaukee

Nel 1978 il cannibale di Milwaukee compie il suo primo assassinio, a soli 18 anni invita un autostoppista a salire con lui in auto e gli chiede amichevolmente di andare a casa sua a bere un drink. Giunti a casa bevono e fanno sesso, ma quando il diciannovenne, ignaro della persona che gli era dinanzi, lo saluta per andarsene, Dahmer prende quel gesto come l’ennesimo abbandono e si scatena per la prima volta nella sua vita una furia omicida che non ha eguali. Uccide il giovane strangolandolo, gli taglia il corpo a pezzi per poi sotterrarlo in giardino.

Quel crollo emotivo, sfociato in una crisi di violenza così forte sconvolgono il giovane, che sente il desiderio di dare una svolta alla sua vita allontanandosi dalla città per costruirsi un futuro migliore. Si arruola così nell’esercito statunitense dal quale viene inviato in Germania. Resta in Europa per due anni, ma la sua avventura termina con un’espulsione con disonore, motivata dal problema dell’alcolismo che lo affligge e che spesso lo fa degenerare anche in pubblico.

Di ritorno in patria, si stabilisce in Florida ma il desiderio di ritornare a casa sua è più forte e qualche mese dopo si ristabilisce nella stessa casa nel Milwaukee. Mosso dalla curiosità e da quell’insana voglia di macabro, disseppellisce il corpo in pezzi, scioglie nell’acido quello che ne è rimasto e sminuzza le ossa per poterle disseminare nei boschi che circondano la città.

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La situazione degenera: i successivi omicidi del cannibale di Milwaukee

In una condizione di continuo degrado psicologico e fisico dovuto all’alcolismo, viene mandato dal papà a West Allis, un piccolo quartiere nel Wisconsin dove vive la nonna. I luoghi cambiano, ma la sua mente si logora sempre di più e a causa di atti osceni in luogo pubblico, viene subito arrestato, ma senza scontare la pena. Dopo circa quattro anni viene nuovamente arrestato per lo stesso reato, ma le autorità si accorgono dei disturbi psichici del killer e gli convertono la pena nell’obbligo di sottoporsi a terapia clinica psichiatrica.

Jeffrey Dahmer non apprezza le misure adottate nei suoi confronti e l’aiuto delle autorità che lo spingono a ricominciare un nuovo percorso, ma approfitta della libertà per uccidere ancora. Un modo per soddisfare la sete di sangue e vendetta che non riesce a placare in nessun modo e in nessun luogo.

Nel 1987 uccide la sua seconda vittima: lo conduce in una camera d’albergo e dopo averlo trucidato lo mette in una valigia e lo porta nella cantina di sua nonna; lì lo violenta ripetutamente e lo fa a pezzi per poi gettarlo nei bidoni della spazzatura come un rifiuto. Spesso, durante il processo, il mostro di Milwaukee confessa di aver agito per realizzare un sogno che faceva spesso fin da bambino: uccidere per poi violentare e distruggere la persona, facendola a pezzi.

Da quel momento è stata un’ascesa rapida verso l’inferno, il mostro continua ad uccidere senza tregua. Nel 1988 massacra un ragazzo di 14 anni e qualche mese dopo un altro giovane di 23 anni, utilizzando per entrambi lo stesso terribile metodo: adescarli con la scusa di trascorrere qualche ora insieme, violentarli, ucciderli per poi farli a pezzi e scioglierli nell’acido. Gli omicidi si succedono uno dopo l’altro senza tregua e senza alcun segno di pentimento. A causa del suo comportamento eccessivo e sconveniente, anche la nonna decide di mandarlo fuori casa, costringendolo a ritornare nel Milwaukee a settembre del 1988. Il giorno dopo il trasloco, tuttavia, quasi a voler lasciare un suo tetro ricordo, il mostro uccide altre due persone, utilizzando sempre lo stesso cliché.

Nella sua città, chiuso in un appartamento della 25sima Strada, Dahmer si sente sicuro di agire indisturbato e lo trasforma nel luogo degli incubi, chiamato appunto “il mattatoio”. Continua a uccidere ragazzi di diverse età, fino a quando viene arrestato per molestie sessuali, per uscire dopo soli 10 mesi per buona condotta. Un mostro dalla doppia personalità, un ragazzo che riesce a spostare l’attenzione da sé facendosi credere una vittima e non il carnefice. La polizia non riesce a capire chi ha realmente di fronte e svolge le sue indagini senza considerare minimamente la possibilità che lui sia coinvolto.

Dal giugno del 1990 inizia ad uccidere senza tregua, cominciando con un ragazzo di 23 anni di nome Edward Smith, per poi trucidare Raymond Smith di 33 anni. A settembre è il turno di David Thomas di 23 anni e del ventiduenne Ernest Miller. Nei primi mesi del 1991 massacra due diciannovenni di nome Curtis Straughter ed Errol Lindsey, per poi massacrare brutalmente Anthony Hughes di 31 anni.

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Il frigorifero di Jeffrey Dahmer con i resti di alcune vittime

Arriva maggio con l’episodio del giovanissimo Konerak Sinthasomphone di soli 14 anni. Il giovane era stato adescato dal mostro, ma durante le torture, sebbene drogato e offuscato, riesce a liberarsi e fuggire. Nella sua folle corsa verso la libertà, nudo e sanguinante, riesce a raggiungere la strada, i vicini lo vedono e chiamano la polizia. Dahmer, in seguito, lo raggiunge e spiega ai poliziotti che si tratta di una comune lite tra amanti, loro gli credono anche perché Konerak non parla inglese e non indagano ulteriormente su Dahmer, anzi, riportano il giovane quattordicenne direttamente nella fossa del leone, dove verrà ben presto torturato, ucciso e parzialmente mangiato, la sua testa sarà posta su una mensola.

Uno sbaglio imperdonabile da parte della polizia, una leggerezza che conduce il giovane ad una morte tremenda, senza lasciargli il tempo di raccontare la verità. Quello che è successo non ha spaventato minimamente il mostro che continua ad uccidere indisturbato. Fa sparire, infatti, il ventenne Matt Turner e dopo poco più di una settimana, il ventitreenne Oliver Lacy fino ad arrivare a luglio del 1991, quando uccide per l’ultima volta, è il momento del giovane venticinquenne Joseph Brandehoft.

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Le vittime di Jeffrey Dahmer

La cattura e il processo di Jeffrey Dahmer

Corre l’anno 1991, la primavera comincia a mostrare i primi segni e Milwaukee non si aspetta che dal suo ventre possa uscire un mostro della portata di Jeffrey Dahmer. Dopo l’ultima vittima, il mostro ha adocchiato il trentaduenne Tracy Edward che viene adescato e condotto nel suo appartamento. Approfittando di un attimo di distrazione Tracy Edward ha la possibilità di sfuggirgli e scappare e lungo il percorso incontra la polizia che fa il suo giro di ronda. Vedendolo seminudo, terrorizzato e intontito dalle droghe assunte, la polizia si reca nel mattatoio e ciò che vede rimarrà per sempre impresso nella loro mente. È la fine per il mostro, che viene arrestato, processato e condannato per 15 dei 17 omicidi, non riuscendo a rintracciare i corpi delle altre due vittime.

Il quadro clinico che è venuto fuori durante il processo è sicuramente quello di un folle psicotico: il mostro di Milwaukee, infatti, non amava solo uccidere le sue vittime ma anche violentarle prima e dopo averle trucidate, per poi farle a pezzi e mangiarle. Un caso di cannibalismo come non si era mai visto negli Usa, un mostro che adescava con audacia giovani uomini per poi renderli suoi schiavi sessuali, costringendoli a subire ogni sorta di violenza.

Durante l’interrogatorio Dahmer ha confessato che su alcune vittime praticava anche atroci esperimenti come quello di inserire nei timpani dell’acido muriatico o dell’alcol etilico per stordirli completamente. Questo procurava grande dolore, ma anche una morte lenta e agonizzante, durante la quale il mostro si divertiva a fare un vero e proprio set fotografico per immortalare le sue atrocità come trofei.

Con il pretesto di bere qualcosa insieme o fare delle foto “particolari”, il mostro attirava le vittime nella sua tana e lì si divertiva a collezionare crani, teste, pelle e organi genitali, sparsi in casa come delle bomboniere da ammirare.

Secondo gli psichiatri che lo hanno seguito, Dahmer non era un serial killer metodico e neanche riservato. Amava fare festini e compiere atti osceni pubblicamente.

cannibale milwaukee

Il processo lo ha condannato a scontare 15 ergastoli, ma è stato un percorso lungo e difficile per gli avvocati, la polizia, la giuria e i giudici. La polizia ha dovuto mettere in atto numerosi sistemi di prevenzione per evitare che i familiari delle vittime lo uccidessero o che lui trovasse una via di fuga, sottraendosi alla giustizia.

Una storia unica nel suo genere, un giovane che ha mostrato segni di squilibrio già da piccolo, che ha cercato di riabilitarsi anche con l’aiuto di familiari come la nonna, ma non è riuscito a risollevarsi. Nonostante questo, durante le ultime fasi processuali il mostro ha dichiarato ai giudici di essere pentito di tutto il male commesso; pur avendo coscienza di essere un essere malvagio tuttavia era dispiaciuto della sofferenza inflitta chiedendo perdono a tutti.

mostro milwaukee

Una delle sue ultime dichiarazioni però è stata:

<<L’istinto omicida non mi ha mai abbandonato, è sempre lì…se fossi libero so che lo rifarei, PERCHÉ sono costantemente vittima di raptus…probabilmente finirò i miei giorni provando quell’impulso>>

La fine di un incubo: la morte di Jeffrey Dahmer

Condannato a ben 957 anni di duro carcere, il mostro muore in prigione per opera di un altro detenuto, Christopher Scarver, colpevole di aver ucciso la moglie e con gravi problemi di schizofrenia. Nel 1994, infatti, costui ruba un bilanciere dalla palestra del carcere dove si trovavano entrambi e lo colpisce fracassandogli il cranio. Quando lo interrogarono dopo l’omicidio, egli affermò che aver ucciso il mostro di Milwaukee era una missione che Dio stesso gli aveva affidato.

Il cervello di Jeffrey Dahmer è stato prelevato per essere oggetto di studi scientifici e la sua storia ha ispirato numerosi film e serie televisive, tra le quali l’American Horror Story Hotel. In questa serie il mostro è menzionato in due diverse puntate in cui il cannibale di Milwaukee viene interpretato dal noto attore Seth Gabel.

Christopher Scarver
Christopher Scarver, il detenuto che ha ucciso Jeffrey Dahmer, il mostro di Milwaukee

Film su Jeffrey Dahmer

  • The Secret Life: Jeffrey Dahmer, film del 1993 American, diretto da David R. Bowen.
  • Dahmer – Il cannibale di Milwaukee, film del 2002, diretto da David Jacobson, Jeffrey Dahmer è interpretato da Jeremy Renner
  • Raising Jeffrey Dahmer, film del 2006, diretto da Rich Ambler
  • Dahmer vs. Gacy, film del 2010 (comedy-horror) diretto da Ford Austin
  • My Friend Dahmer, film del 2017, diretto da Marc Myers

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Sabrina Parigi è nata a Firenze e lì ha frequentato un corso di trucco di base, trucco teatrale ed effetti speciali. Da sempre appassionata di cinema, si è documentata accuratamente e a lungo su regia, sceneggiatura, soggetto e dialoghi per il cinema. Nel 2008 ha dato vita, insieme ad altri soci, all'associazione culturale di cinema indipendente “Le Tre Pietre”, che ha come scopo la realizzazione di corti/medi/lungometraggi, documentari, videoclip e la divulgazione delle arti in genere. Nel 2007 dirige e interpreta il corto Le Tre Pietre, nel 2008 Crypto, ottenendo la nomination come miglior regia esordiente al Festival di Roma “Corto.it”. Nel 2009 realizza il documentario Piccole e curiose storie fiorentine, selezionato e apprezzato in numerosi festival, al quale è seguita una versione più completa ed accurata, dal titolo Firenze curiosità e leggende. Negli ultimi anni ha continuato a fare ricerche sulle origini di antiche leggende e superstizioni, creando nel 2017 il sito Leggende, Curiosità, Misteri e Paranormale, sostituito nel 2018 dal sito migliorato e completo 3pietre.it